di Elisabetta Testa –
“Io ne ho viste cose
che voi umani non potreste immaginarvi: navi da combattimento in fiamme al
largo dei bastioni di Orione, e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino
alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come
lacrime nella pioggia.
È tempo di morire”.
Addio caro replicante. Se ne è andato Rutger Hauer, il famoso replicante di Blade Runner, che vide cose che noi umani… Aveva 75 anni. Già: lui vide ciò che noi umani non riusciremmo nemmeno a immaginare.
Il film, del lontano 1982, racconta la storia di un 2019 distopico. A causa dell’inquinamento, la vita sulla Terra non è più possibile e così si creano artificialmente androidi organici. Si tratta di cloni di esseri umani, che vengono utilizzati come forza lavoro, al posto nostro.
Chi si dà alla fuga viene eliminato, annientato. A Los Angeles, però, un gruppo di androidi clandestini cerca di salvarsi la pelle.
“Blade Runner” è un film visionario, dalla portata filosofica enorme. Sotto la magistrale regia di Ridley Scott, si inscena un dramma tipico della modernità: l’alienazione. Chi siamo noi, da dove veniamo, ma soprattutto… dove stiamo andando? Forse non lo sappiamo ed è forse per questo che cerchiamo da sempre di replicare il nostro essere.
Il replicante non è una figura nata con Blade Runner, bensì una creatura in qualche modo mitologica, molto cara all’alchimia.
Nel linguaggio fantascientifico si chiama replicante; in alchimia si chiama homunculus (piccolo uomo). Già a partire dal Cinquecento con Paracelso l’alchimia cercò a tutti i costi di creare questi piccoli uomini, che in un futuro lontano ma non troppo avrebbero assunto il nome di replicanti.

Il replicante è al centro di romanzi come Frankenstein, di Mary Shelley o il Faust di Goethe.
Secondo la tradizione alchemica, le persone affette da nanismo sarebbero, in realtà, i discendenti di questi homunculi.
Niente di nuovo, forse? Intanto siamo di fronte a un legame molto solido con la filosofia, che, come è noto, costituisce la base imprescindibile dell’alchimia, insieme al sapere scientifico.
Stiamo ruotando attorno al concetto di alienazione, tanto caro a Karl Marx per i suoi studi socio-economici. L’uomo, con l’avvento delle macchine, diventa anch’egli macchina, è alienato. Viene sfruttato, sottoposto a ritmi di lavoro estenuanti. Tutto questo, però, Marx lo vede con i suoi occhi e si chiama Seconda Rivoluzione Industriale.

In Blade Runner siamo di fronte alla stessa situazione: si producono cloni umani, replicanti, che vengono sfruttati, usati come forza lavoro. E a loro non è concesso ribellarsi. Tutto questo si chiama alienazione, il male di ieri, il male di oggi.
Purtroppo le cose che vide Hauer non le potremmo mai immaginare: a noi non è concesso. Quel mondo stupendo, però lo attende. Un mondo in cui potrà raccontare finalmente ciò che ha visto, a un interlocutore che, invece, potrà davvero immaginare…